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I DISTURBI ALIMENTARI

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I disturbi alimentari, più propriamente definibili disturbi del comportamento alimentare, sono disagi e patologie di natura psicologica e psichiatrica - anche se i casi più frequenti sono i cosiddetti "border line", oppure i sintomi sporadici.

 

AnoressiaBulimia e Binge Eating Desorder, grazie al bombardameno mediatico, sono parole ormai entrati nel linguaggio comune anche se a proposito rimane un po' di confusione. In questa pagina proveremo a fare un po' di chiarezza sul loro significato cercando di dare qualche consiglio per aiutare chi ne soffre ad uscirne.

 

In passato si reputava che colpissero prevalentemente il sesso femminile, ma oggi sappiamo essere piuttosto diffusi anche tra i maschi. La statistica suggerisce un maggior interesse anche per i soggetti in età adolescenziale o - per le donne - vicino all'età della menopausa; ma anche queste tendenze sembrano cambiare col passare del tempo e col perfezionamento diagnostico.

C'è da dire che i disturbi alimentari sono più di uno e tutti diversi, quindi anche uniformare questo genere di informazioni sarebbe scorretto per definizione.

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Quando l'autostima è eccessivamente influenzata dall'immagine corporea (forma fisica e peso, ad esempio) le probabilità di cadere nella trappola dei disturbi alimentari aumenta notevolmente.

I disturbi alimentari sono infatti legati alla valutazione disfunzionale che la persona fa di se stessa. Si parla di valutazione disfunzionale quando il valore percepito della persona è fortemente connesso all'ideale di magrezza, al peso e al controllo della propria forma corporea. In pratica la persona sente di valere o non valere come essere umano in relazione all'ago della bilancia che influenza notevolmente il rapporto con il cibo.

I disturbi alimentari sono oggi un fattore dilagante che manifesta disagi e sofferenze interiori di una generazione resa fragile da una società che tende sempre più a discriminare tra corpi di serie A, B e C.

 

Come anticipato, i disturbi del comportamento alimentare comprendono 3 forme principali: anoressia, bulimia e sindrome da alimentazione incontrollata (binge eating disorder o BED).

Tutti questi disturbi alimentari sono accomunati dal pensiero ossessivo del cibo, dalla paura morbosa di diventare sovrappeso abbinata ad una percezione deformante del proprio corpo e ad una bassa stima di sé.

Risultano tuttavia anche molto diversi tra loro, soprattutto per quel che riguarda il comportamento che poi si va ad instaurare nei confronti dell'alimentazione propriamente detta, quindi dell'eventuale malgestione del discontrollo, degli eventuali metodi di purgazione, ecc.

 

 

ANORESSIA

 

Una persona anoressica, per quanto possa essere magra, non riesce a convivere con un corpo che le sembra sempre eccessivamente grasso. Il problema del peso diventa talmente importante da farle saltare i pasti spingendola ad abusare di medicinali come lassativi e diuretici mentre persegue un ideale di magrezza irraggiungibile.

L'anoressia di solito inizia con una dieta e cela un profondo disagio che la persona tenta di mettere a tacere attraverso un controllo ossessivo delle calorie e del peso.

L'anoressia attacca duramente il corpo nelle sue funzioni vitali fino a causare gravissime conseguenze come insufficienza renaleosteoporosi, alterazioni cardiovascolari, perdita dei denti e dei capelli. Se tale condizione persiste a lungo l'orologio interno ne esce scombussolato e la condizione diventa veramente grave: purtroppo di anoressia si può morire.

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Anoressia nervosa

"Anoressia" è un termine che indica il rifiuto del cibo per un qualsiasi motivo (inappetenza); in molti casi, soprattutto nel parlato comune, viene usato come sinonimo di anoressia nervosa, una condizione caratterizzata da una patologica ed ingiustificata paura di ingrassare: il soggetto che ne soffre pensa continuamente al cibo ma limita le quantità di alimenti assunti, anche quando in realtà è già troppo magro.

In molti pazienti l’anoressia nervosa non è un problema limitato al controllo del cibo in sé, ma è un modo di usare gli alimenti o il digiuno prolungato per ottenere un maggior controllo sulla propria esistenza e per alleviare le tensioni, la rabbia o l’ansia.

La maggior parte delle persone che ne soffrono sono di sesso femminile, anche se la condizione può affliggere anche gli uomini.

Chi soffre di anoressia:

  • limita in modo drastico ed eccessivo la quantità di cibo consumato,

  • è eccessivamente magro in rapporto alla propria altezza,

  • oppone resistenza quando gli viene consigliato di recuperare un peso normale,

  • ha una forte paura di ingrassare,

  • pensa di essere grasso, anche quando in realtà è molto magro,

  • acquisisce un’immagine del proprio corpo distorta, con l’autostima fortemente influenzata dalla percezione del peso corporeo e della forma.

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Cause

L’anoressia colpisce soprattutto le ragazze e le donne (si stima infatti che una percentuale variabile dall’85 per cento al 95 per cento degli anoressici sia donna), ma di fatto può interessare anche i ragazzi e gli uomini.

La causa dell’anoressia non è unica, spesso si tratta di una combinazione di fattori sia psicologici che organici; è importante però capire che i disturbi alimentari sono vere e proprie patologie e come tali sono curabili.

 

Tra i fattori in grado di influenzare l’anoressia ricordiamo:

  • Cultura. Nei Paesi sviluppati le donne sono costantemente indirizzate verso uno specifico ideale di bellezza. Vedere ovunque immagini di donne perfette e magre rende difficile accettare ed amare il proprio corpo così com’è. Anche gli uomini avvertono una pressione sempre maggiore verso un’ideale di perfezione fisica.

  • Famiglia. Se vostra madre o vostra figlia sono o sono state anoressiche, correte un maggior rischio di diventarlo a vostra volta. I genitori che fanno molta attenzione all’aspetto fisico, sono perennemente a dieta o criticano il corpo dei figli aumentano le probabilità che il proprio figlio soffra di anoressia.

  • Traumi o fonti di stress. Gli eventi traumatici, come uno stupro, o le fonti di stress, come l’inizio di un nuovo lavoro, possono innescare l’anoressia.

  • Personalità. Chi soffre di anoressia probabilmente non si piace, odia il proprio aspetto fisico o prova una profonda disperazione esistenziale. Spesso si impone obiettivi molto difficili da raggiungere e cerca di essere sempre e comunque perfetto.

  • Fattori biologici. Il patrimonio genetico, gli ormoni e i neurotrasmettitori probabilmente sono fattori che possono influire sulla comparsa dell’anoressia.

 

Sintomi

Chi è anoressico è molto magro, ma può ricorrere anche a metodi estremi per perdere ulteriore peso, come ad esempio:

  • costringersi a vomitare,

  • assumere lassativi o diuretici,

  • assumere farmaci dimagranti,

  • rifiutarsi di mangiare o mangiare pochissimo,

  • fare troppo esercizio fisico, anche quando all’aperto il tempo è brutto, quando si è malati o stanchi,

  • pesare ossessivamente ciò che mangia e fare costantemente il conto delle calorie,

  • assumere alcuni alimenti in quantità minime e insufficienti,

  • spostare il cibo nel piatto anziché mangiare.

 

Chi soffre di anoressia può avere un’immagine del proprio corpo distorta, che si manifesta con:

  • un’inamovibile convinzione di essere grassi,

  • l’indossare solo vestiti molto larghi,

  • la necessità di pesarsi diverse volte al giorno,

  • la paura di ingrassare.

 

L’anoressia può anche causare comportamenti insoliti:

  • si può iniziare a parlare continuamente del proprio peso corporeo e del cibo,

  • rifiutarsi di mangiare in presenza di altre persone,

  • soffrire di sbalzi d’umore,

  • essere tristi o rifiutarsi di uscire con gli amici.

 

Chi soffre di anoressia può soffrire anche di altri problemi fisici e psichiatrici, ad esempio:

 

Pericoli

L’organismo di un paziente anoressico non riesce a ricavare abbastanza energia dagli alimenti, quindi il suo funzionamento rallenta e può andare incontro a numerose complicazioni:

 

Gravidanza

Chi è stata anoressica in passato può avere un figlio?

Dipende.

  • Se la paziente è in fase di anoressia attiva, cioè è malata, il ciclo mestruale salta e di solito non avviene l’ovulazione, quindi la gravidanza è un’eventualità piuttosto remota.

  • Chi invece è guarita dall’anoressia e ha riguadagnato un peso normale può ragionevolmente pensare di poter rimanere incinta.

Se non riuscite a concepire, consultate il vostro medico.

 

L’anoressia durante la gravidanza può far male al bambino.

Le gestanti anoressiche corrono un maggior rischio di perdere il bambino.

Se riescono a portare a termine la gravidanza corrono un rischio maggiore di parto prematuro, di parto cesareo, di mettere al mondo un figlio con basso peso alla nascita e di depressione postpartum.

 

Cura e terapia

Si può guarire dall’anoressia?

Sì, i pazienti anoressici possono guarire grazie all’aiuto di un’équipe formata da medici, nutrizionisti e psicologi.

Questi professionisti:

  1. Aiutano il paziente a recuperare un peso normale,

  2. Curano i problemi psicologici connessi all’anoressia,

  3. Aiutano il paziente a superare i comportamenti o i pensieri in grado di provocare il disturbo alimentare.

 

Con questi tre passaggi è possibile prevenire le ricadute, il paziente riesce cioè a star bene sempre e a non riammalarsi dopo un periodo in cui sembrava guarito.

 

Diverse ricerche suggeriscono che determinati farmaci (come gli antidepressivi, gli antipsicotici o gli stabilizzatori dell’umore) in alcuni casi potrebbero essere utili per i pazienti anoressici. Si pensa che questi farmaci siano in grado di alleviare i sintomi legati all’ansia e all’umore che spesso accompagnano l’anoressia.

Altre ricerche recenti, invece, suggeriscono che gli antidepressivi sarebbero inutili nella prevenzione delle ricadute.

In conclusione nessun farmaco si è dimostrato in grado di funzionare al cento per cento nell’importante e delicata fase di recupero del peso normale, quindi non è chiaro se e come i farmaci possano aiutare i pazienti a sentirsi meglio. Le ricerche, comunque, sono tuttora in corso.

 

Alcune forme di psicoterapia sono in grado di risolvere o alleviare le cause psicologiche dell’anoressia: la psicoterapia è anche detta “terapia della parola”, usa diverse forme di comunicazione e mira a modificare i comportamenti o il pensiero del paziente. Questo tipo di terapia può essere utile per curare i disturbi alimentari nei pazienti giovani che non hanno sofferto di anoressia per un lungo periodo.

 

Il counseling individuale può essere utile per alcuni pazienti. Se il paziente è molto giovane il counseling può coinvolgere tutta la famiglia. La terapia, inoltre, può comprendere i gruppi di aiuto, in cui i pazienti e le loro famiglie si incontrano e condividono le loro esperienze.

 

Alcuni ricercatori sottolineano che assumere i farmaci e contemporaneamente ricorrere alla psicoterapia specializzata per l’anoressia è più utile rispetto alla psicoterapia da sola: il funzionamento o il mancato funzionamento della terapia, però, dipende dal paziente e dalla sua situazione e sfortunatamente non esiste un unico tipo di psicoterapia che si dimostri efficace per tutti gli adulti anoressici.

 

Terapia domiciliare:

Con la terapia domiciliare il paziente deve essere visitato dai membri dell’équipe medica, in molti casi deve recarsi in ambulatorio periodicamente, ma continua a vivere a casa propria.

 

Alcuni pazienti possono aver bisogno di un’”ospedalizzazione parziale”, cioè si devono recare in ospedale durante il giorno ma alla sera ritornano a casa a dormire.

 

Infine, in altri casi, il paziente deve essere ricoverato in ospedale per seguire la terapia. Dopo le dimissioni continua a ricevere l’aiuto dell’équipe medica e diventa un paziente domiciliare.

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Se qualcuno che conoscete presenta i sintomi dell’anoressia, potreste essere in grado di aiutarlo o di aiutarla.

  1. Cercate un momento e un posto tranquilli per parlare a tu per tu con il vostro amico.

  2. Esprimetegli le vostre preoccupazioni, siate onesti e dite chiaramente che siete preoccupati perché non mangia abbastanza o perché fa troppo esercizio fisico. Dite che siete in pensiero e che avete il sospetto che questi comportamenti potrebbero essere sintomi di un problema per cui occorre rivolgersi al medico.

  3. Chiedete al vostro amico di parlare con un medico o con uno psicologo esperto di disturbi alimentari. Offritevi di dargli una mano a trovare il medico o lo psicologo, di fissare l’appuntamento e di accompagnarlo/a dal medico.

  4. Evitate i conflitti. Se il vostro amico non vuole ammettere di avere un problema, non forzatelo. Ditegli che siete disposti ad ascoltarlo se e quando vorrà parlarne.

  5. Non fatelo vergognare e non incolpatelo. Non ditegli: “È facile: basta mangiare.”, ma piuttosto: “Sono preoccupato perché non vuoi mangiare pranzo o cena” oppure “Sentirti vomitare mi fa paura.”

  6. Non proponete soluzioni semplici. Non dite “Smettila, e tutto si risolverà.”

  7. Rassicurate il vostro amico che voi continuerete ad essere al suo fianco, in ogni caso.

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Anoressia e anoressia nervosa  non sono la stessa cosa anche se spesso vengono usati come sinonimi; in realtà i due termini possiedono un significato differente. 
 

  • Anoressia indica semplicemente un disagio in cui si verifica un rifiuto del cibo, a prescindere dalla ragione per cui questo accada; spesso chiamata anche inappetenza, la riduzione dell'appetito può avvenire per numerose cause diverse, in alcuni casi banali come una malattia da raffreddamento, disturbi digestivi, stress.

  • L'anoressia nervosa è invece il termine che indica espressamente il disturbo alimentare in cui il rifiuto del cibo avviene a causa di un ossessivo timore di ingrassare.

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Come inizia l'anoressia?

L'anoressia nervosa è un disturbo complesso e multifattoriale, che nasce cioè da una combinazione variabile di fattori biologici, genetici, ambientali, sociali, psicologici e psichiatrici. Spesso si riconosce alla base "un'ossessiva sopravvalutazione dell’importanza della propria forma fisica, del proprio peso e corpo e una necessità di stabilire un controllo su di esso." (ISS).
 

Tra i fattori più rilevanti ricordiamo

  • familiarità

  • influenza negativa da parte di altri componenti familiari e sociali (ad esempio amiche e compagne),

  • eccesso di pressione e/o aspettativa,

  • senso di trascuratezza da parte dei genitori,

  • sentimenti di disagio legati a fenomeni di bullismo per la propria forma fisica,

  • senso di impossibilità di raggiungimento dei risultati desiderati di auto-realizzazione a causa del proprio peso e apparenza.

 

Ricordiamo infine la possibilità che il comportamento sia innescato da un desiderio di controllo sulla propria esistenza o da gravi traumi (violenze sessuali, drammi familiari, ...).

È infine riconosciuto il peso rilevante, spesso determinante, dell'attuale modello di bellezza femminile sistematicamente proposto dai media.

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BULIMIA

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Questo disturbo alimentare (bulimia="fame da bue") si caratterizza per un'esasperata assunzione di cibo (una persona bulimica arriva ad ingerire migliaia di calorie in poche ore). A tali abbuffate si susseguono disperati tentativi di sbarazzarsi degli alimenti ingeriti, solitamente tramite vomito autoindotto o attraverso l'uso massiccio di lassativi o diuretici.

Dopo questi attacchi di fame incontrollata, durante cui nulla è più importante del cibo, insorgono infatti profondi sensi di colpa che fanno sprofondare il soggetto nella depressione.

Si tratta purtroppo di una vera e propria dipendenza paragonabile a quella che lega un tossicodipendente alla droga con conseguenze altrettanto devastanti sulla vita, sulla psiche e sulla salute di chi ne soffre.

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BULIMIA NERVOSA

La bulimia nervosa (comunemente detta bulimia) è un disturbo alimentare: le persone bulimiche mangiano una quantità eccessiva di alimenti in un periodo di tempo limitato e breve (abbuffata) e poi cercano di non ingrassare ricorrendo a varie tecniche di “depurazione”, tra cui ricordiamo:

  • vomito autoindotto,

  • assunzione di lassativi (compresse o sciroppi che velocizzano il transito intestinale).

 

Chi soffre di bulimia non si sente in grado di controllare la quantità di cibi assunta. I pazienti bulimici, inoltre, possono scegliere di praticare attività fisica in quantità eccessiva, mangiare poco o niente o assumere diuretici per urinare di più e cercare di non ingrassare.

Diversamente dalle persone che sviluppano anoressia nervosa, chi soffre di bulimia può ricadere nel peso forma appropriato per la propria età; esattamente come gli anoressici, tuttavia, i bulimici:

  • hanno paura di ingrassare,

  • cercano disperatamente di dimagrire,

  • sono profondamente insoddisfatti del proprio peso e del proprio aspetto fisico.

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Cause

La bulimia colpisce soprattutto le donne che, da sole, rappresentano una percentuale variabile tra l’85% e il 90% dei pazienti bulimici; l’età più a rischio è la tarda adolescenza, ma può verificarsi anche in età adulta.

La bulimia non è semplicemente un problema con il cibo, le abbuffate possono essere innescate e favorite dalle diete, dallo stress o dalle emozioni negative, come la rabbia o la tristezza.

Il vomito e le altre tecniche per evitare di ingrassare sono tutti modi per avere l’impressione di tenere meglio sotto controllo la propria vita e alleviare lo stress e l’ansia. Non esiste una causa unica che porta a sviluppare la bulimia, al contrario ci sono diversi fattori che in combinazioni variabili tra loro possono risultare decisivi per lo sviluppo della patologia:

  • Cultura. Nei Paesi sviluppati le donne sono costantemente indirizzate verso un certo ideale di bellezza. Vedere ovunque immagini di donne perfette e magre rende difficile accettare ed amare il proprio corpo così com’è.

  • Famiglia. Se vostra madre o vostra sorella soffrono o hanno sofferto di bulimia, anche voi siete più a rischio. I genitori che fanno molta attenzione all’aspetto fisico, sono perennemente a dieta o criticano il corpo dei figli aumentano le probabilità che il proprio figlio soffra di bulimia.

  • Traumi o fonti di stress. Gli eventi traumatici, come uno stupro, o le fonti di stress, come l’inizio di un nuovo lavoro, possono favorire la comparsa di bulimia in seguito alla ricerca di comfort food.

  • Personalità. Chi soffre di bulimia probabilmente non si piace, odia il proprio aspetto fisico o prova una profonda disperazione. Spesso ha forti sbalzi d’umore, ha problemi ad esprimere le emozioni negative o non riesce a controllare i comportamenti impulsivi.

  • Sport e lavoro. Alcuni sport e/o professioni che poggiano sull’aspetto fisico o le cui prestazioni possono essere condizionate dal peso espongono gli atleti a un maggior rischio di cadere vittime di un disturbo alimentare.

  • Genetica. Il patrimonio genetico, gli ormoni e i neurotrasmettitori probabilmente sono fattori che possono influire sulla comparsa della bulimia.

 

Sintomi

Chi soffre di bulimia può essere magro, in sovrappeso, oppure in perfetto peso forma.

Le manifestazioni tipiche della bulimia, ad esempio il vomito autoindotto, spesso sono vissute di nascosto, perché il paziente si vergogna o si sente disgustato, quindi è difficile capire se il paziente è veramente bulimico. È possibile, però, fare attenzione ad alcuni segni suggestivi del disturbo, per esempio chi soffre di bulimia può ricorrere a tecniche estreme per perdere peso, come ad esempio:

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Chi soffre di bulimia può manifestar alcuni segni caratteristici legati ai frequenti episodi di vomito, ad esempio:

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Il reflusso acido dovuto al vomito può inoltre causare irritazione a livello della gola, con la comparsa di:

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I pazienti con un peso corporeo insufficiente possono manifestare segni e sintomi tipici legati alla malnutrizione, come ad esempio:

 

Chi soffre di bulimia spesso soffre anche di altri problemi psichiatrici, come ad esempio depressione e ansia, oltre ad essere più incline all’abuso di sostanze.

I pazienti possono sviluppare un’immagine distorta del proprio corpo, che si manifesta con il pensiero di essere troppo grassi, con l’odio per il proprio aspetto fisico e con il timore di ingrassare.

 

La bulimia può infine indurre stati d’animo anomali, in forma di sbalzi d’umore, tristezza, perdita di interesse verso le occasioni sociali (può ad esempio non avere più voglia di uscire con gli amici).

 

Pericoli

La bulimia può avere numerose possibili complicazioni:

 

Gravidanza

Nelle pazienti bulimiche il ciclo può saltare o scomparire, quindi di solito l’ovulazione non avviene e la gravidanza è un’eventualità piuttosto remota (ma non impossibile, quindi è sempre necessario ricorrere all’uso di efficaci misure contraccettive).

Chi invece è guarita dalla bulimia ha maggiori probabilità di avere un figlio, una volta che il ciclo si è normalizzato. Se non riuscite a concepire, consultate il vostro medico.

Se una donna bulimica rimane incinta, potrebbero verificarsi i problemi seguenti:

 

Se la futura mamma assume lassativi o diuretici durante la gravidanza, il bambino potrebbe riportare conseguenze gravi; questi farmaci impediscono alla madre di assorbire le sostanze nutritive e i liquidi, prima che possano arrivare a nutrire il bambino e possono essere responsabili di malformazioni nel neonato ed altri disturbi, in particolare se usati regolarmente.

 

Cura e terapia

I pazienti bulimici possono guarire, grazie all’aiuto di un’équipe formata da medici, nutrizionisti e psicologi. I medici aiutano il paziente a ristabilire un rapporto corretto con il cibo e ad affrontare i pensieri e le sensazioni negative.

La terapia per la bulimia usa diverse tecniche, ma il successo della terapia dipende dal paziente.

Per liberare il paziente dalla necessità di abbuffarsi e poi depurarsi, il medico può consigliargli di:

  • ascoltare i consigli di un nutrizionista e di ricorrere alla psicoterapia, in particolare a quella cognitivo comportamentale,

  • farsi prescrivere dei farmaci.

 

Esistono gruppi Overeaters Anonymus (sul modello degli alcolisti anonimi); ci si confronta, si racconta la propria storia e viene assegnato uno sponsor, un ex dipendente di cibo o vomito o non cibo pronto a sostenerti. Non ci sono diete ma l’impegno e l’obiettivo comune di smettere.

La terapia cognitivo comportamentale è mirata a riflettere sul ruolo importante che la mente assume nell’influenzare il nostro stato d’animo e le nostre azioni. La terapia cognitivo comportamentale specifica per la bulimia si è dimostrata efficace nel ridurre le abbuffate e gli atti compensatori, nonché nel modificare le abitudini alimentari. La terapia per la bulimia può essere individuale oppure di gruppo.

Alcuni antidepressivi come la fluoxetina (Prozac®), l’unico farmaco approvato dalla FDA per la terapia della bulimia, possono aiutare i pazienti affetti anche da depressione e/o ansia. La fluoxetina sembra anche in grado di:

  • ridurre l’alternanza tra abbuffate e atti compensatori,

  • diminuire il rischio di ricadute e migliorare la condotta alimentare (la “ricaduta” è la situazione in cui ci si ammala di nuovo, dopo un periodo in cui ci si è sentiti meglio).

 

Uno dei problemi della bulimia è proprio la vergogna che si prova nel mostrarsi deboli e nel contempo la convinzione di essere soli ed incompresi nell’affrontarla.

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Se qualcuno che conoscete presenta i sintomi della bulimia, potete essere in grado di aiutarlo o di aiutarla.

  1. Cercate un momento e un posto tranquilli per parlare. Cercate un momento per parlare a tu per tu con il vostro amico. Cercate un luogo tranquillo, dove non sarete disturbati.

  2. Esprimetegli le vostre preoccupazioni. Siate onesti. Dite chiaramente che siete preoccupati perché non mangia abbastanza o perché fa troppo esercizio fisico. Dite che siete in pensiero e che avete il sospetto che questi comportamenti potrebbero essere sintomi di un problema per cui occorre rivolgersi al medico.

  3. Chiedete al vostro amico di parlare con un medico o con uno psicologo esperto di disturbi alimentari. Offritevi di dargli una mano a trovare il medico o lo psicologo, di fissare l’appuntamento e di accompagnarlo/a dal medico.

  4. Evitate i conflitti. Se il vostro amico non vuole ammettere di avere un problema, non forzatelo. Ditegli che siete disposti ad ascoltarlo se e quando vorrà parlarne.

  5. Non fatelo vergognare e non incolpatelo. Non ditegli: “È facile: basta mangiare.”, ma piuttosto: “Sono preoccupato perché non vuoi mangiare pranzo o cena” oppure “Sentirti vomitare mi fa paura.”

  6. Non proponete soluzioni semplici. Non dite “Smettila, e tutto si risolverà.”

  7. Rassicurate il vostro amico che voi continuerete ad essere al suo fianco, in ogni caso.

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BINGE EATING DESORDER

o Distrurbo da Alimentazione Incontrollata

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Chi soffre di questo disturbo alimentare, proprio come nel caso della bulimia, consuma grandissime quantità di cibo.

A differenza di una persona bulimica, chi soffre di disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating) non espelle quanto ingerito. A causa di tali abbuffate la persona può essere in sovrappeso grave.

Una variante di questo disturbo alimentare, chiamata night-eating sindrome, si caratterizza per anoressia diurna ed insonnia notturna che può essere sconfitta soltanto assumendo grosse quantità di cibo (bulimia notturna).

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Trattamenti

I disturbi del comportamento alimentare richiedono un approccio terapeutico complesso che si realizza con la collaborazione di molte figure (dietologi, endocrinoligi e psicoterapeuti), detto multidisciplinare.

 

Quando si soffre di un problema alimentare è bene:

  1. raccogliere quante più informazioni possibili sull'argomento in modo da rendersi conto della sua pericolosità e di come sia possibile uscirne;

  2. rivolgersi ad un famigliare, ad un parente, ad un amico o meglio ancora ad una associazione il prima possibile

  3. chiedere aiuto; pur essendo difficile, è il favore più grande che la persona possa fare a se stessa e a chi le sta accanto.

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Il Binge Eating Disorder (BED) sembra essere il disturbo del comportamento alimentare (DCA) maggiormente diffuso tra i maschi, con una prevalenza stimata al 40%, contro il 10-15% della bulimia nervosa (BN) ed il 5-10% dell'anoressia nervosa (AN).

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In letteratura non si trovano numerosi studi sul Binge Eating Disorder maschile, in quanto generalmente i campioni osservati sono di sesso femminile o misti, pertanto, la descrizione patologica riportata in questo capitolo non farà distinzioni tra i due sessi.

 

Diagnosi

I criteri diagnostici del Binge Eating Disorder – aggiornati al DSM IV – sono:

  1. Episodi ricorrenti di abbuffate associati ad almeno tre dei seguenti sintomi:

    1. Mangiare molto più rapidamente del normale

    2. Mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni

    3. Mangiare grandi quantitativi di cibo anche se in assenza di appetito o fame

    4. Mangiare in solitudine per vergogna

    5. Provare disgusto verso di sé, depressione, e senso di colpa dopo ogni episodio

  2. È presente un marcato disagio nei confronti del comportamento bulimico

  3. Le abbuffate avvengono in media almeno 2 giorni la settimana per un periodo di 6 mesi

  4. Gli episodi bulimici non si associano a regolari metodi di compenso (vomito autoindotto, abuso di lassativi, esercizio fisico strenuo) e non avvengono necessariamente in corso di AN o BN.

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Fattori di rischio e predisponenti

Nel Binge Eating Disorder vi sono numerosi studi sui fattori di rischio e su quelli scatenanti le abbuffate, ma nessuno offre risposte completamente esaurienti, anche se viene spesso citata in letteratura la teoria multifattoriale che comprende:

  • Fattori genetici

  • Fattori neuroendocrini

  • Fattori evolutivi ed affettivi

  • Fattori sociali.

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Tra questi, sembrerebbero rivestire un ruolo fondamentale le difficili esperienze di vita infantile, la presenza di disturbi depressivi nei genitori, la tendenza all'obesità e la ripetuta esposizione a commenti negativi riguardo la forma, il peso e la modalità di alimentazione.

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Contrariamente a quanto avviene nella bulimia nervosa, le abbuffate potrebbero rappresentare una fuga o un blocco emotivo e del pensiero di fronte ad uno stato emotivo ritenuto intollerabile, oppure rappresentare una difficoltà nella gestione degli impulsi; analogamente, nel Binge Eating Disorder possono innescarsi altri comportamenti legati all'impulso come l'etilismo, la tossicodipendenza, l'autolesionismo, la cleptomania e la promiscuità sessuale.

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Dal punto di vista psicopatologico, la polarizzazione del pensiero sul cibo, sul peso e sull'aspetto fisico non sembra spiccata come negli altri disturbi dell'alimentazione.

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Studi approfonditi dimostrano che il Binge Eating Disorder possiede specifici correlati genetici, una peculiare distribuzione socio-demografica tra i sessi e le diverse etnie, ed un'elevata comorbilità con la depressione, la cui prevalenza nel corso della vita in questi pazienti si attesta intorno al 60%. La correlazione tra Binge Eating Disorder, obesità e tentativi di riduzione ponderale è ancora da definire con precisione; in base ad uno studio del 1997 l'eccesso di peso ed il conseguente ricorso alle terapie dietetiche che regolarmente si manifesta nei Binge Eating Disorder, potrebbero essere una semplice conseguenza della manifestazione patologica, e non un fattore di rischio come accade per la BN.

 

Distribuzione e popolazione del BED

Attualmente, il Binge Eating Disorder è considerato un disturbo del comportamento alimentare molto diffuso e si ritiene colpisca il 2-3% della popolazione generale adulta. La sua prevalenza cresce parallelamente al grado di sovrappeso; studi effettuati sulla popolazione generale in Italia dimostrano che la prevalenza del disturbo si stima tra il 0,7% ed il 4,6%, mentre altri lavori svolti negli Stati Uniti riportano un'incidenza del 5% negli obesi della popolazione generale, 10-15% degli obesi che utilizzano programmi commerciali per perdere peso, 30% degli obesi che ricercano un trattamento per l'obesità in centri specialistici, e - nei soggetti che intendono sottoporsi a chirurgia bariatrica - il disturbo potrebbe superare il 50%. Si ritiene che questo disturbo colpisca maggiormente tra la seconda e la terza decade di vita, ciò nonostante, indagini retrospettive hanno rivelato che la perdita di controllo sul cibo esordisce assai più precocemente della diagnosi ed in genere prima dei venti anni; questo lasso di tempo tra esordio e diagnosi potrebbe in parte spiegare la tendenza alla cronicizzazione del disturbo.

 

Influenze genetiche e familiari

Non sono molti gli studi sulle influenze genetiche nel Binge Eating Disorder, ma alcuni dati indicano che la prevalenza del disturbo è più elevata in individui che hanno almeno un parente di primo grado che soffre di questa stessa patologia (60%), rispetto a famiglie in cui questa è assente (5%). Una ricerca su piccola scala non ha dimostrato la tendenza familiare o una significativa relazione tra Binge Eating Disorder ed altri disturbi alimentari o psichiatrici. In un altro studio in cui sono stati valutati oltre 8000 gemelli norvegesi di entrambi i sessi, il Binge Eating Disorder appare essere influenzato quasi in egual misura da fattori genetici (41%) ed ambientali (59%), con leggera prevalenza di questi ultimi. In uno studio di genetica molecolare su di un campione di 469 obesi, dei quali 24 con una mutazione del recettore melanocortinico-4 è stato dimostrato che tutti i soggetti portatori di quest'alterazione risultavano positivi alla diagnosi per Binge Eating Disorder.

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Fattori ormonali

Da anni la ricerca si è focalizzata anche sulla possibile influenza dei fattori ormonali nella patogenesi delle abbuffate, tra questi i più scrutati sono l'insulina, l'adiponectina, la leptina e la grelina, ed i cannabinoidi. I primi studi sugli stili familiari dei Binge Eating Disorder confrontano 43 abbuffatori con 88 soggetti affetti da altri disturbi dell'alimentazione utilizzando il Family Evironmental Scale; i Binge Eating Disorder ottennero punteggi minori per quanto riguarda coesione familiare, emotività espressa, divertimento attivo, indipendenza personale; viceversa riportano più alti livelli di conflittualità e controllo interfamiliare.

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Fattori culturali e psicosociali

Nell'ultimo studio menzionato sopra si riscontrò, inoltre, che rispetto ad altri soggetti affetti da altri disturbi dell'alimentazione, i Binge Eating Disorder avevano un livello culturale più basso.

Tra i fattori psicosociali in grado di influenzare l'insorgenza della malattia si sono evidenziati maggiormente la preoccupazione e l'insoddisfazione per l'immagine corporea o il peso ed il frequente ricorso a diete dimagranti.

Questi fattori permettono di spiegare il 61-72% della varianza dei sintomi negli uomini e il 70% nelle donne.

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Trattamento

In letteratura vi sono pochissimi dati riguardanti il trattamento del Binge Eating Disorder e sull'efficacia delle terapie impiegate; è da notare che, a breve termine, la frequenza delle abbuffate diminuisce in modo significativo in risposta alla terapia farmacologia con antidepressivi e a varie forme di psicoterapia quali: CBT, IPT di gruppo, terapia comportamentale dell'obesità e auto-aiuto con manuali; nonostante la riduzione delle abbuffate, non si sono osservate riduzioni significative del peso.

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A cura della Redazione di My Personal Trainer

da www.my-personaltrainer.it

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