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DISTURBI DEL SONNO
Quando si parla di disturbi del sonno, il più delle volte l'ascoltatore pensa immediatamente all'insonnia. A tutti, crediamo, è infatti successo di trascorrere, almeno occasionalmente, qualche notte senza riuscire a dormire. E sulla base di questa personale esperienza si tende spesso a far coincidere la definizione generica di "disturbo del sonno" con l'insonnia. Ciò in realtà non corrisponde del tutto alla realtà clinica.
Sebbene, infatti, gli studi epidemiologici indichino che l'insonnia, in tutte le sue accezioni (cronica vs acuta, iniziale vs intermedia vs terminale), è il disturbo più frequente, esistono numerosi dati che confermano come siano altamente prevalenti nella popolazione generale anche altre patologie ascrivibili al sonno; ne è un esempio l'ipersonnia (spesso anche indicata come eccessiva sonnolenza), che in un certo senso rappresenta il disturbo opposto all'insonnia: mentre nell'insonnia si ha una riduzione del tempo totale di sonno nelle 24 ore, nell'ipersonnia si ha un aumento dello stesso con una spiccata propensione all'addormentamento anche in situazioni inappropriate.
Questo sintomo è molto frequente nella popolazione anche se spesso sottovalutato e sottostimato; può essere legato a diversi disturbi primari o secondari del sonno e riveste un ruolo sociale molto importante in quanto può essere alla base, per esempio, di un incrementato rischio di incidenti sul lavoro o alla guida.
Una delle patologie più frequentemente associate ad eccessiva sonnolenza diurna è la sindrome delle apnee ostruttive nel sonno o malattia dei grandi russatori, come veniva chiamata inizialmente (Lungaresi E., 2005; G. Coccagna., 2000) (Parati G, Lombardi C, Narkiewicz K. Sleep apnea: epidemiology, pathophysiology, and relation to cardiovascular risk. Am J Physiol Regul IntegrComp Physiol. 2007 Oct;293(4):R1671-83. Epub 2007 Jul 25. Review. PubMed PMID:17652356.). Il sintomo più tipico di questo disturbo è infatti il russamento che inizialmente costituisce più un fastidio per il partner di letto che per il paziente stesso, ma che rappresenta un importante segnale d'allarme quando viene rilevato meritevole di un approfondimento clinico ed eventualmente strumentale. Le apnee ostruttive nel sonno infatti oltre ad essere legate allo sviluppo di sonnolenza diurna sono associate ad un incremento del rischio cardio e cerebrovascolare, ed i pazienti che ne soffrono sono più frequentemente esposti allo sviluppo di iprtensione arteriosa, scompenso cardiaco, ictus ed aritmie (Lombardi C, Tobaldini E, Montano N, Losurdo A, Parati G. Obstructive Sleep Apnea Syndrome (OSAS) and Cardiovascular System. Med Lav. 2017 Aug 28;108(4):276-282. doi: 10.23749/mdl.v108i4.6427. PubMed PMID: 28853425.) (Aiolfi M. et Al., 2001).
C'è dunque chi dorme poco e male, e chi dorme troppo, ma c'è anche chi dorme quando dovrebbe stare sveglio ed è ineluttabilmente sveglio quando dovrebbe dormire, in questo caso si parla genericamente di disturbi del ritmo circadiano. Inoltre, si può assistere anche alla comparsa, durante il sonno, di fenomeni atipici, spesso legati ad una dissociazione dei meccanismi che regolano le varie fasi del sonno; in questo caso si parla di parasonnie, tra cui il sonnambulismo è una delle più conosciute del sonno NREM (così come il bruxismo e l'enuresi).
Tra le parasonnie emergenti invece dal sonno REM la più conosciuta è il disturbo comportamentale del sonno REM (RBD) in cui il soggetto affetto agisce i sogni associando alle immagini oniriche un comportamento congruo.
In alcuni casi, questi fenomeni motori insorgenti dal sonno possono essere anche legate a crisi epilettiche notturne verso le quali non sempre la diagnosi differenziale è agevole. (Sudhansu Chokroverty., 2000; G. Coccagna., 2000).
Abbiamo così delineato le quattro categorie dei disturbi del Sonno che vengono prese in considerazione dalla classificazione proposta dalla American Accademy of Sleep Medicine (AASM):
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disturbi dell'inizio e del mantenimento del Sonno o insonnie;
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disturbi da eccessiva sonnolenza o ipersonnie;
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disturbi del ritmo Sonno-veglia;
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disturbi associati al Sonno, a stadi del Sonno o a risvegli parziali, complessivamente chiamati parasonnie.
La classificazione AASM è quella comunemente usata da coloro che si occupano dei disturbi del Sonno (Coccagna G., Smirne S., 1993). Sebbene essa sia criticabile per taluni aspetti e abbia perciò suscitato non poche discussioni circa l'opportunità di rivedere alcuni punti, come d'altra parte succede a quasi tutte le classificazioni, presenta una generale chiarezza e semplicità di suddivisione dei disturbi.
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1. INSONNIA
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Il termine insonnia deriva dal latino insomnia e letteralmente significa "mancanza di sogni". Nel linguaggio comune esso indica un'insufficiente durata del sonno, ma nella definizione clinica all'insufficiente durata ed alla ridotta continuità del sonno che possono anche essere misurate obiettivamente attraverso esami specifici chiamati polisonnografie, si deve associare anche una soggettività di scarso ristoro derivante dal sonno notturno; questo vuol dire che un individuo è insonne non solo se dorme poche ore ma se da queste poche ore non ottiene un ristoro adeguato al mantenimento della sua funzionalità sociale e lavorativa nelle ore diurne.
L'insonnia molto raramente è una patologia primaria del sonno, ma spesso è la conseguenza di svariate condizioni patologiche psichiche o fisiche, oppure il risultato di cattive abitudini riguardo all'alimentazione, all'attività fisica ed ai ritmi di vita in generale (Sudhansu Chokroverty., 2000). Non necessarimente in queste situazioni si devono eseguire esami polisonnografici che devono comunque essere sempre preceduti da una valutazione clinica da parte di uno Specialista di Medicina del Sonno; quando si eseguono esami strumentali in un paziente che riferisce insonnia in genere si osservano un tempo di addormentamento prolungato, un numero di risvegli più elevato, o un risveglio molto precoce al mattino. (Bergonzi P. et Al., 1992; Ferri R., 1996).
La distribuzione temporale della maggior difficoltà con il sonno è quella che definisce la tipologia di insonnia:
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si parla di insonnia iniziale quando la difficoltà prevalente riguarda l'addormentamento serale;
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di insonnia intermedia quando a prevalere sono i risvegli a metà nottata seguiti da difficoltà a riprendere sonno;
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di insonnia terminale quando invece è presente un risveglio molto precoce seguito dall'impossibilità di riprendere sonno.
Negli insonni in genere risulta diminuita la percentuale di sonno trascorsa nello stadio 4, cioè dello stadio più profondo e riposante del sonno, che insieme alla diminuzione del sonno REM, determinano un incremento degli stadi meno profondi di sonno, cioè lo stadio 1 e, ancor di più, lo stadio 2. (Ferri R, Alicata F., 1995; G. Coccagna., 2000).
Come accennato in precedenza, l'inquadramento clinico di partenza da parte di un esperto è fondamentale sia per evitare delle terapie inadeguate e che possono comportare effetti collaterali e dipendenze farmacologiche senza un beneficio sostanziale, sia perchè lo specialista può rilevare sintomi e segni fondamentali ad indirizzare il sospetto diagnostico e quindi a programmare gli eventuali accertamenti strumentali successivi. Gli insonni non sono infatti una popolazione omogenea né per quanto riguarda le cause del disturbo, né per quanto riguarda le manifestazioni, né di conseguenza per quello che riguarda la terapia (G. Coccagna., 2000; Sudhansu Chokroverty., 2000) (Mancia M., 1996; C. Barbui., 1998).
Un'importante diagnosi da effettuare di fronte ad un paziente con difficoltà in addormentamento, talvolta anche in quelli con risvegli infraipnici, è quella della Sindrome delle gambe senza riposo, un disturbo caratterizzato dalla comparsa al momento di sdraiarsi a letto, di un fastidio prevalente agli arti inferiori che viene alleviato solamente dal movimento, rendendo quindi difficoltoso l'addormentamento o il riaddormentamento dopo dei risvegli nel cuore della notte.
Possiamo suddividere le insonnie in:
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insonnia psicofisiologica;
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insonnia associata a disturbi psichiatrici;
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insonnia associata all'uso di farmaci, droghe ed alcol;
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insonnia associata a disturbi respiratori indotti dal sonno;
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insonnia associata al mioclono notturno e alla sindrome delle gambe senza riposo;
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insonnia associata a malattie, a intossicazioni e a condizioni ambientali sfavorevoli;
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insonnia a esordio nell'infanzia;
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insonnia associata a quadri polisonnografici inusuali;
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pseudoinsonnia: i brevi dormitori;
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insonnia soggettiva senza corrispondenti reperti polisonnografici.
In molti casi l'insonnia evolve parallelamente alla condizione che l'ha innescata e può essere transitoria, ricorrente o di lunga durata (G. Coccagna., 2000).
In non pochi casi diviene un disturbo cronico indipendentemente dalle condizioni che ne hanno determinato l'esordio o addirittura senza che sia possibile identificare evidenti elementi causali. Una volta che si è stabilita, l'insonnia può cambiare significativamente la qualità di vita del soggetto che ne soffre e può avere ripercussioni familiari e sociali importanti che talvolta possono, di per sé perpetuare il disturbo stesso.
Come per ogni affezione cronica, anche per l'insonnia è quindi scorretto prendere in considerazione unicamente la malattia e attribuire tutta la sintomatologia ai fattori che l'hanno innescata. Quando un'insonnia diventa cronica, è in gioco una complessa interazione di fattori che vanno al di là di quelli originariamente responsabili del disturbo che vanno quindi correttamente identificati, analizzati ed affrontati dal punto di vista terapeutico farmacologico e non farmacologico (Lungaresi E., 2005; G. Coccagna., 2000; Sudhansu Chokroverty., 2000).
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2. IPERSONNIE
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Le ipersonnie comprendono numerose affezioni sia funzionali che organiche, il cui comune denominatore è rappresentato dall'eccessiva sonnolenza diurna, gravemente disturbante e talora così grave da risultare incontrollabile.
I sintomi principali sono rappresentati variamente, a seconda del tipo di ipersonnia che ci troviamo ad analizzare, da sonnolenza durante le ore diurne, ridotte performance cognitive e motorie, eccessiva tendenza a dormire, attacchi di sonno incontrollabili, aumento del tempo di sonno nelle 24 ore e difficoltà a raggiungere un risveglio completo.
I pazienti possono giungere all'osservazione del medico riferendo ansia e depressione reattive alla percezione di una loro inefficienza nello svolgere le attività quotidiane, oppure possono riferire come maggiormente disturbanti l'astenia, la mancanza di lucidità mentale e di capacità di concentrazione (Lungaresi E., 2005). Il sonno notturno ed i sonnellini diurni, possono non risultare riposanti, soprattutto nella forma di ipersonnia secondaria ad apnee notturne.
Altre frequenti lamentele riferite da questa tipologia di pazienti sono la cefalea mattutina e difficoltà nella sfera sessuale. Talora presentano comportamenti automatici, riferibili a brevi intrusioni di fasi di sonno nel corso dell'attività di veglia, i cosiddetti microsleeps. Occorre differenziare questi pazienti da quelli che lamentano astenia e ridotta efficienza mentale e non vera e propria sonnolenza: si tratterà più facilmente, in questi casi, di pazienti insonni o depressi o con patologie sistemiche ( anemia ferropriva, diabete, ipotiroidismo) (Sudhansu Chokroverty., 2000). (Ferri R. et Al., 1996; Ferri R., 1995).
I pazienti ipersonnici presentano un tempo di addormentamento significativamente inferiore a quello dei normali dormitori, misurabile con metodiche oggettive (multiple sleep latency test) o valutabile con strumenti soggettivi come la scala di Epworth.
Una forma rara di ipersonnia primaria che merita menzione è la Narcocataplessia che associa all'eccessiva sonnolenza diurna ed ai colpi di sonno spesso non preavvertiti né resistibili, anche altri sintomi tipici tra cui la cataplessia che è costituita dall'improvviso cedimento muscolare di tutto il corpo o di parti di esso (testa, mandibola) in seguito ad emozioni (il ridere, il piangere, lo spaventarsi ad esempio). I paziente narcolettici possono inoltre presentare le paralisi del sonno e le allucinazioni ipnagogiche o ipnopompiche.
Secondo la classificazione adottata dalla AASM (Classification Committee., 1979) le ipersonnie sono suddivise in:
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ipersonnia psicofisiologica
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ipersonnia associata a disturbi psichiatrici
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ipersonnia associata all'uso di farmaci
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ipersonnia associata a compromissione della respirazione indotta dal sonno
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ipersonnia associata al mioclono notturno e alla sindrome delle gambe senza riposo
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narcolessia/ narcocataplessia
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ipersonnia idiopatica
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ipersonnia associata a malattie, intossicazioni e condizioni ambientali sfavorevoli
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ipersonnia periodica
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ipersonnia da sonno insufficiente
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ebbrezza del sonno
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pseudoipersonnia: i lunghi dormitori
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ipersonnia soggettiva e senza corrispondenti reperti polisonnografici.
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3. RITMI CIRCADIANI
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Tutte le attività biologiche presentano periodiche variazioni circadiane. Il sonno e la veglia costituiscono un tipico esempio di queste variazioni, ma non bisogna dimenticare che anche altre importanti funzioni biologiche, come la temperatura corporea, la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca, la produzione di ormoni, vanno incontro a ritmiche modificazioni nel corso delle 24 ore.
Queste fluttuazioni periodiche sono legate alla funzionalità di strutture nervose specifiche, i cosiddetti oscillatori interni, che vengono abitualmente sincronizzati su ritmi di 24. Tra i fattori ambientali che influenzano gli oscillatori interni vi sono il contatto sociale e il ciclo luce-buio che giocano un ruolo determinante.
Le condizioni di completo isolamento sono in grado di eliminare l'azione dei sincronizzatori ambientali, in queste situazioni gli oscillatori interni tendono ad assumere ritmi diversi da quello di 24 ore (l'uomo free-running tende a sincronizzarsi in modo preferenziale sul ritmo di 25 ore) e possono desincronizzarsi tra loro (Lungaresi E., 2005; G. Coccagna., 2000).
Cause:
Nei disturbi del ritmo sonno-veglia sono comprese sindromi cliniche determinate da fattori esterni, come il rapido cambiamento del fuso orario a seguito di voli transmeridiani e i turni di lavoro notturno a rotazione, e altre sindromi che sembrano invece avere una componente endogena, come quella del periodo di sonno ritardato (o avanzato) e quella da ritmo sonno-veglia non di 24 ore.
In tutte queste sindromi, indipendentemente dalle cause che le determinano, si realizza uno sfasamento del ritmo sonno-veglia rispetto agli abituali sincronizzatori ambientali, con conseguente comparsa di una patologia che riguarda il momento in cui il sonno e la veglia compaiono. Il paziente non riesce a dormire quando lo desidera, quando ha necessità o si aspetterebbe di farlo. Va inoltre rilevato che insonnie o ipersonnie di lunga durata possono determinare profonde alterazioni del ritmo sonno-veglia che costituiscono importanti fattori di aggravamento e di mantenimento della sintomatologia (Sudhansu Chokroverty., 2000; Coccagna G.; Smirne S., 1993).
Secondo la classificazione della AASM (Classification Committee., 1979) i disturbi del ritmo sonno-veglia si dividono in: Disturbi transitori e Disturbi persistenti.
I disturbi transitori sono:
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Sindrome da rapido cambiamento di fuso orario
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Sindrome da cambiamento del turno di lavoro
Sindrome da rapido cambiamento di fuso orario:
Questa sindrome, comunemente chiamata jet-lag syndrome, si può verificare quando, a seguito di un rapido cambiamento di parecchi fusi orari, si ha difficoltà a riallinearsi con il ritmo luce/buio e quindi sonno/veglia secondo l'orario della zona di arrivo.
È caratterizzata da sonnolenza, affaticamento e ridotta efficienza mentale durante il giorno, e da insonnia, con difficoltà di addormentamento e risvegli frequenti durante la notte.
In generale i disturbi si riducono notevolmente dopo un paio di giorni, ma in alcune persone possono durare più a lungo. I voli verso est comportano disturbi di più lunga durata. Il ripristino dello schema sonno-veglia, una volta tornati nel luogo d'origine, è generalmente più rapido.
Sindrome da cambiamento del turno di lavoro:
Questa sindrome può realizzarsi quando da un ritmo sonno-veglia abituale e convenzionale si passa ad un turno lavorativo comprendente periodi di lavoro notturno, che obbligano quindi a rimanere svegli la notte e a dormire di giorno.
I sintomi sono costituiti da sonnolenza e diminuzione delle performance mentali e motorie durante il nuovo periodo di lavoro-veglia, cioè la notte, nonché da sonno, durante il giorno, ridotto e frammentato da numerosi risvegli. Questa sintomatologia appare più grave nei soggetti anziani e che sono stati esposti a turni notturni per un numero significativo di anni.
I sintomi possono migliorare durante la seconda o terza settimana di lavoro, ma spesso persistono, almeno parzialmente, soprattutto in soggetti che partono già da un sonno notturno più difficoltoso oppure in soggetti il cui cronotipo (gufo o allodola) è più in controfase rispetto al ritmo imposto dal turno lavorativo.
Durante i week-end e le vacanze viene generalmente recuperato il sonno perduto ed il ritmo fisiologico con una rapida diminuzione della sintomatologia.
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I DISTURBI PERSISTENTI DEL RITMO SONNO/VEGLIA
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I disturbi persistenti sono:
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Sindrome da frequenti cambiamenti dello schema Sonno-veglia
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Sindrome da periodo di Sonno ritardato
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Sindrome da periodo di Sonno anticipato
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Sindrome da ritmo Sonno-veglia non di 24 ore
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Sindrome da ritmo Sonno-veglia irregolare
Sindrome da frequenti cambiamenti dello schema Sonno-veglia:
Il quadro clinico è caratterizzato da brevi e frammentati periodi di sonno durante il giorno, da sonnolenza e da diminuzione delle performance durante la veglia, da difficoltà a ristabilire un regolare ritmo sonno-veglia anche quando le circostanze lo consentirebbero.
Questa sindrome può tipicamente realizzarsi per turni di lavoro a rotazione e per continui cambiamenti di fuso orario. Le rotazioni dei turni di lavoro per periodi brevi (2 - 4 giorni) sembrano meglio sopportate rispetto a quelle per periodi lunghi, dato che l'organismo non ha il tempo di consolidare l'adattamento al nuovo orario e non è quindi costretto a modificare ripetutamente ritmi biologici già acquisiti.
L'ulcera gastroduodenale può essere una complicanza di questa sindrome. Frequente è l'abuso di ipnotici, di psicostimolanti e di alcol.
Sindrome da periodo di Sonno ritardato:
Questo disturbo dipende da un'alterata regolazione interna del ciclo sonno-veglia, ed è caratterizzato da un inizio del sonno e da un risveglio ritardati rispetto a quanto desiderato dal paziente o richiesto dai suoi impegni. L'inizio del sonno ed il risveglio sono stabili, e vi è assoluta incapacità di anticipare il sonno, che, una volta iniziato, non presenta alcuna difficoltà di mantenimento.
Il paziente può riferire semplicemente una difficoltà ad iniziare il sonno ad un ora convenzionale, quindi può essere erroneamente considerato un insonne. Se il paziente, che si addormenta molto tardi nel corso della notte, è obbligato per ragioni lavorative o familiari ad alzarsi ad un'ora convenzionale al mattino, va incontro ad una cronica privazione di sonno e ai conseguenti sintomi durante la giornata.
Un posticipo della fase di sonno è tipico degli adolescenti che se aggiungono a questa tendenza fisiologica delle abitudini scorrette, come l'utilizzo di PC o tablet a tarda ora, possono accentuare il disturbo con notevole impatto sul rendimento e la frequenza scolastica.
Un diario giornaliero del ciclo sonno-veglia, redatto per alcune settimane, o un monitoraggio actigrafico di almeno una settimana sono molto utili per arrivare alla diagnosi ed impostare il più appropriato trattamento farmacologico (il più adatto è quello a base di melatonina) e comportamentale.
Sindrome da periodo di Sonno anticipato:
È caratterizzata da un inizio del sonno e da un risveglio che sono più precoci di quanto desiderato dal paziente o richiesto dai suoi impegni sociali. Come nella sindrome da periodo di sonno ritardato, non vi è difficoltà a continuare il sonno una volta che esso sia iniziato; il periodo di sonno è stabile, ma difficilmente modificabile.
Questa sindrome non interferisce generalmente con la scuola o il lavoro. È meno frequente della precedente e solo raramente porta ad una cronica privazione di sonno con comparsa di sonnolenza e di ridotta efficienza durante la giornata. Ciò di cui si lamenta maggiormente il paziente è l'incapacità a restare sveglio la sera.
Sindrome da ritmo Sonno-veglia non di 24 ore:
Questa sindrome è caratterizzata da un progressivo ritardo dell'inizio del sonno e del risveglio in giorni successivi, a causa di un ritmo sonno-veglia maggiore di 24 ore (tipicamente di circa 25 ore). A causa di ciò si alternano periodi in cui il ritmo interno non è in fase con i "sincronizzatori" socio-ambientali e il paziente lamenta difficoltà ad iniziare il sonno e sonnolenza durante la giornata, e periodi in cui il ritmo interno è sincronizzato con l'ambiente ed il paziente non ha alcun disturbo.
Un diario giornaliero del ciclo sonno-veglia, redatto per alcune settimane, o un monitoraggio actigrafico di almeno una settimana sono molto utili per arrivare alla diagnosi.
Periodiche difficoltà del paziente ad assolvere i propri impegni possono essere aggravate dall'abuso di ipnotici e di psicostimolanti.
Sindrome da ritmo sonno-veglia irregolare:
Questa sindrome è caratterizzata dalla mancanza di un ritmo sonno-veglia chiaramente organizzato.
Essa comporta, durante la giornata, brevi periodi di sonno a tempi irregolari ed un'eccessiva permanenza a letto: talora i pazienti non riescono a mantenere fissi neppure i tempi dei pasti. Il sonno notturno è abbreviato e talora frammentato. Si realizza così un ciclo sonno-veglia poliritmico con un quadro clinico che può erroneamente essere considerato un'insonnia. Il paziente può, infatti, lamentare difficoltà ad addormentarsi alle ore convenzionali ed a continuare il sonno per un tempo adeguato; può, inoltre, riferire una sonnolenza e una ridotta efficienza durante i periodi di veglia. Spesso i pazienti non si rendono conto che sonnellini diurni ed insonnia notturna sono strettamente correlati, e pertanto talora abusano di ipnotici e psicostimolanti.
Non solo il ciclo sonno-veglia, ma anche altre funzioni biologiche, come la temperatura e le increzioni ormonali, perdono la loro abituale ritmicità circadiana.
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4. PARASONNIE
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Le parasonnie sono disturbi del sonno episodici caratterizzati da comportamenti anomali o eventi fisiologici indesiderati che avvengono durante specifici stadi del riposo o nei passaggi sonno-veglia.
Le manifestazioni tipiche possono includere movimenti, sogni, emozioni o percezioni correlate al sonno.
I movimenti delle parasonnie possono apparire complessi e propositivi per gli altri, cioè sembrano finalizzati al raggiungimento di un obiettivo; in realtà, chi ne soffre rimane addormentato e, spesso, non ricorda che l'episodio si sia verificato.
In alcuni casi, le parasonnie possono causare traumi e disturbare il sonno del paziente o di chi gli sta vicino.
Le parasonnie rappresentano un gruppo eterogeneo di disturbi del sonno.
Questi sono caratterizzati da comportamenti anomali o eventi fisiologici inusuali che si verificano mentre si dorme.
In particolare, le parasonnie possono verificarsi:
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Durante l'addormentamento;
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Mentre si dorme;
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In prossimità del risveglio.
Le parasonnie avvengono senza particolari alterazioni dei meccanismi o dei cicli temporali quotidiani del sonno stesso.
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Le parasonnie comprendono un'ampia varietà di condizioni, completamente differenti tra loro, che possono essere distinte in:
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Parasonnie primarie: disordini del sonno a sé stanti;
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Parasonnie secondarie: fenomeni indicativi della presenza di disturbi a carico di altri sistemi dell'organismo che si manifestano durante il sonno.
Le parasonnie possono essere classificate anche a seconda degli specifici stadi del sonno in cui si verificano (fase del sonno REM, Rapid-Eye-Movement; sonno non-REM o NREM, Non-Rapid-Eye-Movement).
Tra le parasonnie più comuni rientrano:
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Sonnambulismo;
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Pavor nocturnus (episodi di paura, di urla notturne);
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Incubi (sogni paurosi);
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Sindrome delle gambe senza riposo;
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Allucinazioni ipnagogiche;
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Crampi alle gambe notturni.
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Disturbi del sonno NREM (disordini dell'arousal)
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Risvegli confusionali
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Sonnambulismo
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Pavor nocturnus (terrori notturni)
Disturbi associati alla transizione sonno-veglia
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Movimenti ritmici del sonno
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Mioclonie ipniche
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Sonniloquio
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Crampi notturni
Parassonnie associate alla fase REM
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Incubi
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Paralisi del sonno
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Disordini comportamentali in REM
Altre parasonnie
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Bruxismo
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Enuresi notturna
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Distonia parossistica notturna (epilessia notturna del lobo frontale)
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Sindrome della morte improvvisa nel lattante
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Russamento idiopatico
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Apnea del sonno infantile
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Sindrome da ipoventilazione centrale congenita
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Mioclono neonatale benigno
Cause e Fattori di Rischio
In generale, le parasonnie risultano da un'attivazione del sistema nervoso centrale, con coinvolgimento, ad ore e in momenti inappropriati (cioè durante il sonno), di uno o più dei seguenti sistemi:
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Sistema motorio;
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Sistema nervoso autonomo;
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Sistema cognitivo.
Le manifestazioni correlate alle parasonnie si verificano più frequentemente entro 1-2 ore dall'addormentamento. Un episodio mediamente dura qualche minuto, ma la sua durata può essere molto variabile (da qualche secondo fino a mezz'ora). Spesso, le persone che soffrono di parasonnie non conservano alcun ricordo degli episodi.
Le cause che possono esacerbare il fenomeno non sono ancora del tutto note, ma pare siano coinvolti lo stress e le condizioni che disturbano il sonno.
I fattori che possono innescare le parasonnie o peggiorarle comprendono:
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Stimolazioni sonore o luminose durante il riposo;
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Distensione vescicale (vescica piena);
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Disturbi respiratori nel sonno (es. apnee notturne ostruttive, asma ecc.);
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Abitudine del riposo diurno;
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Alterazioni dell'equilibrio idro-salino;
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Consumo eccessivo di alcol;
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Assunzione di alcuni farmaci, come i sedativi e gli antidepressivi;
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Febbre (soprattutto nei bambini);
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Ipertrofia adenoidea;
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Otiti medie;
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Reflusso gastroesofageo;
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Deprivazione di sonno;
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Pasto serale troppo pesante.
Un ruolo chiave è svolto anche dai fattori genetici: il rischio di sperimentare le parasonnie è più alto per le persone che presentano almeno un familiare di primo grado con la stessa problematica.
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Nella maggior parte dei casi, le parasonnie sono fenomeni parafisiologici ad evoluzione benigna, cioè non correlano ad un significato patologico (non sono associate ad alcun tipo di malattia fisica, né psichica) e tendono alla risoluzione spontanea. Alcune di queste manifestazioni sono piuttosto comuni, infatti, nel corso dell'infanzia e tendono a ridursi o scomparire con l'età adulta; ne sono un esempio l'enuresi notturna o il pavor nocturnus. Queste perturbazioni non patologiche del sonno non sono associate a traumi, esperienze del vissuto o problemi emotivi.
Tuttavia, se assumono particolari caratteristiche per frequenza o intensità, le parasonnie possono essere interpretate come sintomo spia di alcune condizioni patologiche, quali ansia, depressione, disturbo post-traumatico da stress e malattie neurologiche.
Il fenomeno è presente anche in soggetti con disturbo borderline e schizofrenia.
Sintomi​
Le parasonnie comportano manifestazioni molto eterogenee, che compaiono durante il sonno o sono esacerbati da questo. A differenza delle dissonnie, questi disturbi non comportano insonnia o eccessiva sonnolenza diurna.
Allo stesso modo delle parasonnie, le dissonnie appartengono al gruppo primario dei disturbi del sonno e sono caratterizzati da un riposo disfunzionale per qualità, quantità o ritmo. Ciò si traduce in difficoltà ad addormentarsi, veglia notturna e/o risveglio precoce.
Le possibili manifestazioni associate alle parasonnie comprendono:
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Risveglio parziale con stato alterato di coscienza;
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Mancata responsività ambientale;
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Confusione;
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Disorientamento;
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Amnesia retrograda.
Le parasonnie sono spesso associate ad un'attivazione del sistema nervoso vegetativo, con sintomi come tachicardia, pallore, sudorazione eccessiva, rigidità muscolare e respiro accelerato.
Sonnambulismo
Il sonnambulismo è una parasonnia di natura benigna, a risoluzione generalmente spontanea. Sedersi, camminare per la casa o realizzare altri movimenti, a volte anche complessi, possono verificarsi dopo e durante il risveglio dal sonno non REM (fase NREM).
Nel corso degli episodi di sonnambulismo, il paziente non è cosciente dell'ambiente circostante e non reagisce agli stimoli: in realtà, il sonnambulo sta continuando a dormire, nonostante l'attività motoria apparentemente finalizzata ad un obiettivo. Chi sperimenta tale parasonnia può anche parlare o emettere suoni incomprensibili.
Incubi notturni
Gli incubi sono sogni terrificanti che si verificano durante il sonno REM ed arrivano a svegliare il soggetto in uno stato di angoscia. Queste manifestazioni causano, infatti, una forte risposta emotiva e sono accompagnate da sentimenti quali agitazione intensa, paura, rabbia, tristezza ed altre emozioni sgradevoli (definite come disforiche).
Gli incubi tendono a presentarsi nelle prime ore dell'alba e si contraddistinguono per il fatto che il soggetto può ricordare completamente e vividamente il contenuto ed i dettagli del sogno al risveglio. Di norma, la durata dell'evento è breve (circa 4-15 minuti), ma, spesso, dopo l'episodio, il soggetto potrebbe non essere in grado di riaddormentarsi.
Prima di svegliarsi, la persona emette qualche suono o può muoversi involontariamente, ma raramente si verificano manifestazioni che indicano l'attivazione del sistema nervoso autonomo, come palpitazioni, sudorazione eccessiva, rigidità muscolare e respiro accelerato (al contrario dei terrori notturni o pavor nocturnus).
Questi sogni dal contenuto terrificante si verificano soprattutto nei bambini di età compresa tra i 4 e i 12 anni di età; gli incubi tendono a manifestarsi in modo intermittente e per brevi periodi, quindi mostrano una graduale e spontanea remissione associata alla crescita.
Pavor nocturnus
Per pavor nocturnus (detto anche terrore notturno) s'intende un parziale risveglio dal sonno profondo, caratterizzato da uno stato di agitazione intensa. Il fenomeno si verifica durante il sonno non-REM, in genere poco dopo l'addormentamento (gli incubi, invece, si verificano nella fase REM).
Il pavor nocturnus è un disturbo frequente soprattutto nei bambini di età compresa tra i 2 e i 12 anni; si manifesta in modo intermittente e per brevi periodi, quindi mostra una graduale e spontanea remissione nel tempo. Gli episodi possono apparire drammatici: il bambino grida, piange, sembra spaventato, può dimenarsi e non risponde ai tentativi di conforto.
In questa tipologia di parasonnia, la frequenza cardiaca risulta aumentata, il respiro è corto e frequente. Il pavor nocturnus è accompagnato anche da pallore, sudorazione eccessiva e rigidità muscolare. In genere, il bambino torna a dormire dopo pochi minuti e, a differenza degli incubi, al mattino non ricorda questi episodi.
Allucinazioni nel sonno
Le allucinazioni nel sonno consistono in sensazioni o illusioni particolarmente vivide che si presentano all'inizio del sonno (ipnagogiche) o al momento del risveglio (ipnopompiche).
Questi fenomeni possono riguardare l'apparato visivo o altri organi di senso e non sono facilmente distinguibili dai normali sogni del sonno REM. Le allucinazioni, talvolta a contenuto bizzarro o terrifico, possono essere scambiate per reali, poiché si verificano in una fase di transizione fra il sonno e la veglia. Le allucinazioni possono associarsi alle paralisi del sonno.
Paralisi del sonno (o paralisi notturna)
La paralisi del sonno è un disturbo caratterizzato dalla transitoria e generalizzata incapacità di muoversi e parlare prima di addormentarsi (paralisi ipnagogica) o in fase di risveglio (paralisi ipnopompica). Il fenomeno dura da pochi secondi a diversi minuti, quindi regredisce spontaneamente. Le paralisi del sonno possono essere molto drammatiche per il soggetto, il quale è consapevole di non riuscire a muoversi, nonostante il desiderio di farlo. I muscoli volontari sono paralizzati, come se il corpo fosse già entrato o si trovasse ancora in una condizione di riposo, mentre il cervello è attivo.
Le conseguenze cliniche possono coinvolgere il soggetto affetto da parasonnie e/o la persona che dorme accanto a lui. In generale, un episodio non altera significativamente la struttura del sonno, ma la reiterazione nel tempo può predisporre, in qualche caso, alla frammentazione del riposo, con effetti sulla salute generale e disturbi psicosociali.
Diagnosi
Dal punto di vista clinico, le parasonnie sono perturbazioni del sonno non patologiche: se occasionali, gli episodi non richiedono un'attenzione particolare da parte del medico. Raramente, infatti, rappresentano segnali di qualcosa di serio e, in genere, migliorano con il tempo, particolarmente nei bambini.
Tuttavia, è consigliabile farsi visitare dal medico se:
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Gli episodi di parasonnia diventano frequenti;
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Si ritiene di essere a rischio d'incorrere in situazioni pericolose con possibilità di farsi del male o di procurarlo agli altri;
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Le parasonnie persistono o insorgono nell'età adulta.
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Nella maggior parte dei casi, la diagnosi delle parasonnie è puramente clinica: riferendo i sintomi al medico di base (o al pediatra), egli individua rapidamente il disturbo e, se lo ritiene opportuno, può indicare una visita dal neurologo.
Oltre a definire le caratteristiche della parasonnia, l'accertamento permette di:
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Escludere la presenza di altri disturbi concomitanti, come la apnea notturna ostruttiva e la sindrome delle gambe senza riposo;
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Stabilire un trattamento adeguato (se necessario).
Anamnesi
Nella diagnosi delle parasonnie, l'anamnesi dettagliata sui sintomi, orari e periodicità degli episodi è importantissima. Durante il colloquio con il medico, la persona che soffre di tali disturbo del sonno può riferire la difficoltà che sperimenta (ad esempio, se fa più fatica ad addormentarsi o a dormire a lungo) e le manifestazioni con cui si presenta.
Sulla base delle informazioni raccolte, il medico può chiedere un accertamento o stabilire già il trattamento più adatto allo specifico caso.
Diario del sonno
Per chiarire il quadro clinico delle parasonnie, il medico può chiedere al paziente di annotare ogni giorno, per almeno due settimane, informazioni come:
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Orario in cui va a dormire;
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Tempo necessario per addormentarsi;
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Numero di ore dormite;
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Risvegli notturni o precoci;
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Caratteristiche dei pasti (composizione, cibi consumati ecc.);
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Attività svolte nel corso della giornata, inclusi eventi particolarmente stressanti;
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Sintomi avvertiti;
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Caratteristiche dell'ambiente in cui si dorme (luci, temperatura, umidità e suoni).
Polisonnografia
La polisonnografia è un esame strumentale indicato nel caso in cui si renda necessaria:
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Una diagnosi differenziale con episodi di natura epilettica durante il sonno (detta anche epilessia notturna);
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Quando viene sospettata la contemporanea presenza di patologie respiratorie.
La polisonnografia permette di registrare cosa avviene durante il sonno, chiarendo cosa succede al paziente quando riposa. I parametri fisiologici che vengono valutati comprendono l'attività del cervello e del cuore, i movimenti del torace e degli arti inferiori e la respirazione.
Trattamento e Rimedi
Non esiste una cura specifica per le parasonnie e, di solito, non vengono prescritti medicinali.
L'approccio al disturbo prevede fondamentalmente nella correzione degli stili di vita inadeguati e nell'adozione di strategie utili per favorire il riposo.
Per ridurre la frequenza degli episodi di parasonnie, è consigliabile:
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Andare a dormire alla stessa ora, tutte le notti, quando possibile;
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Assicurarsi che la stanza da letto sia al buio e tranquilla;
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Andare al bagno (svuotare la vescica) prima di coricarsi, per evitare di doversi alzare durante la notte;
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Mettere in atto strategie per trattare e ridurre lo stress: trovare modi per rilassarsi, come fare un bagno caldo, leggere o respirare profondamente.
Se le parasonnie si manifestano in un bambino e gli episodi si manifestano generalmente alla stessa ora della notte, si può cercare di tenerlo sveglio per circa 15-30 minuti prima dell'ora in cui normalmente si presenta. In tal modo, è possibile impedirne la comparsa andando ad influenzare il ciclo del sonno.
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In genere, le parasonnie tendono ad autolimitarsi e non rendono necessario alcun tipo di intervento medico, nonostante le manifestazioni possano persistere per diversi anni.
Se il disturbo persiste durante l'adolescenza o l'età adulta, quando strettamente necessario (es. episodi frequenti o rischio per l'incolumità del paziente o degli altri), il neurologo può prescrivere una terapia farmacologica a base di ansiolitici o antidepressivi per ridurre l'incidenza degli attacchi e stabilizzare il sonno.
Nella gestione delle parasonnie, talvolta, le terapie come quella cognitivo comportamentale o l'ipnosi possono dimostrarsi utili.
Per quanto istintivo, tentare di svegliare qualcuno, adulto o bambino, durante le parasonnie è molto difficile, non appropriato e, spesso, inutile. Quando un episodio è in corso, l'intervento più utile consiste nell'assicurare la sicurezza della persona e ricondurla a letto gentilmente, rassicurandola e prevenendo i gesti inconsapevoli con cui potrebbe ferirsi o farsi male.
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Durante un episodio di parasonnia:
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Evitare movimenti bruschi per ridurre la durata dell'attacco ed evitare reazioni aggressive;
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Non cercare di strattonare o svegliare forzatamente il soggetto che soffre di parasonnie: questo comportamento potrebbe aumentare l'agitazione e prolungare l'episodio; è utile, invece, cercare di parlargli con voce tranquilla e toni bassi;
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Favorire il ritorno a letto è importantissimo per limitare la durata dell'episodio.
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In generale, per limitare le manifestazioni e la durata delle parasonnie è possibile prendere alcune precauzioni come:
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Adottare misure di sicurezza in casa:
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Rimuovere oggetti che possono essere dannosi o costituire un intralcio se la persona che soffre di parasonnie si alza e cammina per le stanze;
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Assicurarsi che porte e finestre siano chiuse;
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Rendere inaccessibili le scale (ed esempio, con un cancelletto ben chiuso in cima);
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Curare l'igiene del sonno:
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Mantenere un regolare ritmo sonno-veglia;
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Limitare l'assunzione di bibite alla sera, particolarmente quelle contenenti caffeina;
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Evitare di riferire alla persona che soffre di parasonnie quanto avvenuto durante la notte: ciò potrebbe predisporre a disturbi d'ansia.
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A cura della Redazione di My Personal Trainer